Luca D. Majer
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"To err is to be human/To forgive is too divine
I was like an industry/Depressed and in decline
"

(Scritti Politti, "Jacques Derrida" - 1982)

 

 
 
 

Antologia di testi dei Joy Division, Pop GroupScritti Politti, Bauhaus, XTC e Magazine, bande inglesi di new wave inizio Ottanta. Pubblicato da Arcana Editrice, Milano - 1983.

Dall'introduzione:

"Senza le illusioni non ci sarà quasi mai grandezza di pensieri né forza, impeto ed ardore d'animo, né grandi azioni, che per lo più sono pazzie. Rock mitico come scienza esatta dell'illusione, illusioni come unica possibile sostanza per il rock. Ciò, anche, significa che produzione e assunzione di illusioni (oniriche) rappresentano, concluso, un altro processo di scambio: in esso tutto sembra reale come i soldi che si spendono per comprare un disco, ma tutto è vano, finzione della realtà e per questo irresistibile, affascinante e proibito. (...)

Il rock dev’esser stato creato da Dio in circostanze simili a quelle che portarono alla creazione della donna. Come la donna, il rock è il sogno dell’uomo; inteso anche al femminile. Come essa, il rock è stato generato durante il sonno dell’uomo. Che sogna.

Nulla nel rock è reale. Non la tecnica compositiva, non quella esecutiva; spesso non esistono; la maggior parte delle volte. Nulla è originale, tra l’altro. Irreale. E perennemente rimanda a qualcos’altro. Questa è la forza del rock."

 

Dalla scheda su XTC:

"XTC alle regole del gioco sonoro rispondono con traiettorie ellittiche, tendendo al limite (e solo al limite) verso di esse, con una manovra di avvicinamento che ricorda da vicino quella degli Scritti Politti. La differenza, comunque, è chiara: là il rollio, lo swing è pacato, incernierato da certi do ut des di cui anche le piccole produzioni (Rough trade, anche tu?) sono capaci. Per i quattro divini estatici, viceversa, lo swing è prepotente, la conoscenza delle sette+cinque note perfetta, l'aggressività (specie nei primi lavori) eclatante.

Non stupisca il fatto di vedere gli XTC in classifica. E non vada fatto risalire ai pettegolezzi che vorrebbero il gruppo come il preferito dai figli della ricca borghesia inglese. Il fatto, incontestabile, è che XTC è una macchina distribuisci-suoni certamente tra le più perfezionate in commercio. Making Plans for Nigel, Runaways, Jason o Living Through Another Cuba sono già nel breviario di qualsiasi seminarista strumentista rock, perfette, non migliorabili. La loro estasi continua, fa sognare i sogni più puri e incorrotti, quelli dove lo stupore è generato dalla continua sostituzione di idee musicali, dove l'ascolto di un nuovo disco lascia sgomenti, attoniti, ad ascoltare qualcosa che tutti avrebbero potuto comporre ma che nessuno avrebbe mai potuto pensare. I loro suoni, il loro savoir faire, la loro rapidità cerebrale li fanno trasgressivi, nell'era del grande sonno.

Avvicinarsi ai grossi mercati discografici dal di fuori li mette in quella situazione, così spiacevole, di non-professionisti della canzonetta. La musica, come l'attività spirituale dipinta da Adorno, è diventata nel frattempo, mentre parlavamo, «un'azienda con rigida divisione del lavoro, branche e numerus clausus. Chi è materialmente indipendente e la sceglie perché rifugge dall'onta del guadagno, non sarà incline a riconoscere questo fatto. E per ciò sarà punito: non è un professional: è considerato nella gerarchia dei concorrenti, come un dilettante ... e se vuole fare carriera deve battere, in ostinazione e chiusura mentale, anche lo specialista più borné.»

L'intelligenza XTC, comunque, non si sa come, riesce a penetrare nei cuori di molta gente, a scuoterla dalla narcosi che una corte dei miracoli di cantanti disco spagnoli, oranghi italiani e scimpanzè americani li ha ridotti. Non è necessario addurre prove, come la sofisticata costruzione armonico-ritmico-melodica, la naiveté dell'approccio strumentale propria solo dei «veri» musicisti, l'arguzia rapida e mai dedita al ripasso dei testi, l'esplosione creativa che accompagna ogni realizzazione. Basta ascoltarli: e suoneranno diversi. Dopo dieci volte il sogno si trasformerà in ipnosi, dopo venti ascolti giungerà la catalessi, al terzo giorno di continuo ascolto resusciterete, e andrete predicando l'amore e la fede anche nel suono spigliato, leggermente dissonante, squisito. A questo punto non sarete aiutati da nessuno; soli, catapultati beyond the universe, dove Bowman e Keir Dullea non si sono mai spinti, dove il suono è pulsazione, la musica non entra nelle orecchie ma scorre nel sangue, mutante, indispensabile. «Lentamente strinse a se Leia e, insieme con Threepio e Artoo, si misero a fissare intensamente i cieli, ognuno di loro pensando alla stessa stella scarlatta.»

Degli XTC non vorremmo dire nulla, per non sembrare troppo entusiastici. Eppure i quattro di Swindon anche sotto il profilo testi danno prova di genialità. I quadretti di "White Music" (Science Friction, ad esempio) sono di una linearità spaventosa, raccontano quello che vogliono con una sintesi e scintille di metafore godibilissime. E anche andando avanti colla produzione, dove i testi si allungano e dilatano, i risultati sono impareggiabili. Si va da tutta-la-guerra-fredda-minuto-per-minuto ai proclami antimilitaristi a metaforici Giasoni (Giasone! Ma chi mai lo tirerebbe fuori in una canzone pop?) a scene di vita aristocratica inglese. Per arrivare ai «sensi che fanno lo straordinario», al surrealismo avvicinato dall'esaltazione infinita dell'imperialismo. Solo in questi territori esistono torpedoni che slittano su ghiaccio nero o mondi a forma di biscotto. Troppo assurdi gli XTC per non piacere. Troppo semplici per non affascinare."