Sogni impraticabili: allungare date, ore, vivere appuntamenti gommosi che durano lustri
Scadenze che incombono sempre - e quindi mai - tutta la vita: ogni orario flessibilizzato...
Ogni momento contiene in se' ogni altro momento possibile
(Action Frottee, frammento de "La corsa")
E' il 18 settembre 1980, dieci anni dalla morte di Jimi Hendrix.
Aureliano un pubblicitario madrileño arriva sull'isola di Graciosa, a 250 miglia nautiche dalle coste dell'ex-Sahara spagnolo.
Decide di correre il periplo dell'isola, dopo essersi unto il corpo ed esser stato benedetto da una anziana guancha. Finira' la sua prima giornata, fresco della frenesia della movida di Madrid, con un meritato sogno, nella stanzetta che affitta a dei pescatori a La Sociedad (La societa'), l'unico paese di Graciosa.
La performance, interpretata da Aurelio Gravina, venne scritta e musicata da me. Fu prodotta per la rassegna di teatro italiano d'avanguardia "Sussurri o grida", con due rappresentazioni - 19 e 20 maggio 1984.
Dal Programma di "Sussurri o Grida/Movimenti nel nuovo teatro italiano"
10 aprile - 29 maggio 1984, Milano - progetto: Teatro Out-Off
Da una conversazione tra gli autori
Luca Majer: come mai hai accettato di interpretare la parte di Aureliano in "Action Frottee"?
Aurelio Gravina: perche' e' l'unico attore presente in scena.
Ma spiegami perche' ti e' venuto in mente di scrivere "Action Frottee"?
L.M.: era una possibilita' di unire una trama semplicissima, un'azione puramente fisica, cioe' la corsa (il cui negativo e' riflesso dalla preparazione della prima parte e dal sonno della terza parte), culture diverse (quella spagnola, quella guancha, quella pubblicitaria), un senso profondo, angosciante e necessario del ritmo (dei suoni, del corpo e - quindi - della voce) e offrire la possibilita', nel senso di challenge, ad un attore, Aurelio, di sfruttare un testo concepito sulla sua figura e non gia' l'elaborazione/adattamento di qualcosa gia' "esistente".
Come ti trovi in una situazione speculare rispetto a quelle vissute assieme in lavori come "Riccardo III" o "Brando, Zapata...", ora che il testo, strettamente musicale, ti viene "applicato" addosso ben piu' di ogni passata colonna sonora, e dove - sempre ora - tu sei costretto a diventare, con le tue falcate, musicista, obtorto colloe - certamente! - affaticato?
A.G.: probabilmente e' il complemento del lavoro svolto in precedenza, la' dove il verso, la parola diventano musica. Tutto quello che tu mi proponi "musicalmente" diventa gia' vissuto. Mi sembra di non potere fare a meno di entrare nel testo ne' di uscirne (se mai un giorno ne usciro') con il convincimento di averlo "recitato". Questo non e' possibile, perche' ormai pensato, pensato e vissuto.
In queste condizioni mi riesce impossibile pensare di interpretare altro.
Programma di sala - Milano, Cinema Hermes
(...) "Uno dei motivi ricorrenti di Action Frottee e' il limite. Il limite dell'attore, messo di fronte a venticinque minuti di corsa sul palco (nella seconda parte), in condizioni quantomeni inusuali, ostili alla perfetta emissione vocale, ritmate dal battito (perfetto) di una batteria elettronica e dai movimenti del corpo nel movimento." (...)
Diego Gelmini - Il Giornale, 22 maggio 1984:
(...) “tre situazioni-pretesto (l’arrivo, la corsa, ed il sogno) (…) una commedia iper-realista, dove ogni emozione di questo personaggio emblematicamente europeo viene dilatata al ritmato, pesante ed angoscioso incedere della corsa, vissuta “in diretta” ed in prima persona da un Gravina che porta al collo un radio-microfono e sovrappone le sue parole ansimanti al ritmo della batteria ed agli accordi della chitarra. E’ l’esperienza del limite umano, è la metafora del sacrificio come unica possibilità di riscatto, è soprattutto l’ossessione di un ritmo quotidiano e inesorabile.
Ma c’è altra carne al fuoco: a lato del palcoscenico le riprese ravvicinate del corridore che scorrono su quattro video ne aumentano ulteriormente il ritmo e tra loro compaiono a tratti le immagini della corsa di Abebe Bikila e di quella a bordo dell’astronave di “2001 Odissea nello spazio”.
Questo copione, nato come lucida esperienza sul ritmo dettato dalla voce e dalla musica, è soltanto un’opera di studio, improponibile per i suoi tempi e le sue tortuosità ad una platea di consumo. In questa rassegna è però un “grido” di vittoria, come quello con cui Filippide, giuntò stremato sull’agorà di Atene, annunciò la sconfitta dei persiani a Maratona, poi si accasciò a terra e morì.