Luca D. Majer
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Chiunque dovesse dire che gli Anni Dieci sono stati un bel decennio, o non c'era o dormiva. Ma per la musica, tutto sommato, non è andata così male.

 

 
 
 

Ah, i Tremendi Anni Dieci! Per parlarne bene ascolto in sottofondo "KiTsuNe / Brian The Fox" (2019) dei Future Eve (cioè la giapponese Th, aka Tomo Akikawabaya, + overdubs di Takaaki Han-ya, cioè il line-up dei Beata Beatrix) basato su un inedito di Robert Wyatt del 1998, Brian The Fox. (...)
 

KiTsuNe è tra i più bei dischi del decennio, un derivato della maestrìa wyattiana, eppure suona distantissimo da quello che Wyatt ha fatto, chiudendo questo decennio (e forse la storia musicale di Wyatt, in teoria finita già nel 2014) con suoni senza ritmo, paludosi, dai riverberi lunghissimi e spettrali, come cose che succedono in una stanza là, in fondo al corridoio. Un disco che mi fa dire che la musica, nonostante tutto, va avanti anche se nulla è (ormai) nuovo

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Ben più che il paventato "inverno atomico" dei Sessanta, questa nuova realtà crea pochi incazzati ma molti scettici e depressi. Uno stile mentale, quest'ultimo, cantato dal rapper nero-francese Dosseh in Habitué, uscita nove mesi dalla fine del Secondo Decennio del XXI secolo. La canzone è stata pure re-mixata con inserti italiani di IZI e probabilmente l'avete sentita, perché il pezzo ha già 100M di views su UTube.

Su un ossessivo giro di 6 accordi (un piano in reverse recording) ripetuto ad lib, vi si canta la disperazione di chi davanti all'Impero si abitua. Persa ogni speranza nei soldi che "finiscono sempre alla stessa gente" o nell'amore che s'inceppa cercando "di uscire dalla fregatura" di una vita architettata da altri, Dosseh ci canta che non è una questione di mettercela tutta: le leggi tengono fuori dal jack-pot l'onesto che si rifiuta di trasgredirle, mentre i furbi smaneggioni scorazzano.

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Pubblicato nel numero di gennaio 1980 di Blow-Up