Al numero 4 della classifica delle 10 canzoni preferite svetta The Backyard, tratto capitolo finale dell'opera (americana) "Perfect Lives" - colpo compositivo geniale di Blue Gene Tyranny, né Robert Sheff.
Devo delle scuse a Blue Gene Tyranny, il geniale pianista e compositore di musica contemporanea cresciuto all’ombra dell’etichetta Lovely Music, recentemente deceduto.
Lo faccio ora perché The Backyard nella versione del triplo CD o DVD del 1991 [che trovate ancora in catalogo (lovely.com) e che se non avete non può ASSOLUTAMENTE mancare nella vostra discoteca] merita un posto nel personale Gotha di pezzi preferiti, essendo tra i pezzi musicali più celestiali che conosca.
24’45” di coito aurale (in particolare: piano acustico improvvisato diatonicamente + voce recitata). Le mie scuse vertono su questo pezzo -che si chiama per intero: The Backyard (T’Be Continued)- che conclude “Perfect Lives”, la prima opera americana contemporanea a fondere l’inanità dell’Americana alla musica d’avanguardia, Liberace al fantasma della tecnologia e alla metempsicosi dell’impiegato bancario.
In un breve scambio che ebbi con Blue Gene, era il marzo del 2018, io tentai di convincerlo a intervistarlo per BlowUp mentre lui tentava di spiegarmi che era parecchio infermo e faceva già fatica fatica a concludere il libro autobiografico sul quale armeggiava da tempo, quindi mi mandò alcune piccole note, ora assai preziose.
Sull’autore ufficiale del pezzo, Robert Ashley, ricordo che andai a trovarlo nell’appartamento che aveva nella Lower West Side, non lontano da West Broadway… direi 2008 o 2009. Ricordo che non stava troppo bene ma era in-forma-mentale. Parlammo anche di The Backyard e di "Blue Gene," di quant’è bravo. E mi diede uno dei cartoncini che, disse, distribuiva ai musicisti, con scritti gli accordi da eseguire sopra le parole del testo recitato.
Figuratevi quindi la sorpresa, quando - nel successivo scambio epistolare con Blue Gene, che sul sito Lovely per questo CD ancora oggi figura quale "Music Collaborator, Keyboards" - questi mi scrive una cosa un po’ diversa:
“Scrivendo di “Perfect Lives” spero che tu abbia chiarito ai lettori che Robert scrisse le parole e io scrissi tutta la musica abbinata al testo, cosa che mi aveva chiesto di fare. Ciò vuol dire che io ho scritto tutti gli accordi e creato lunghe frasi e cicli che hanno dato l’ “atmosfera” alle parole.
C’è un DJ di NY che non riusciva davvero a comprendere che un compositore lasciasse la scrittura musicale effettiva a qualcun altro, ma l’idea di testo che Robert ebbe creò da sola il pezzo e io ho semplicemente riempito con la musica necessaria, che eseguita altre volte poteva poi diventare completamente differente da quella che avevo scritto io. Ogni opera di Robert così differisce dall’altra.
Per un’opera, Robert scrisse ancora il testo poi mi disse giusto di fare suoni al piano. Nessuna melodia. Nessuna armonia particolare, o ritmo. Solo suoni. E feci così. Dovetti tornare indietro, ripensare a quando imparavo a suonare il piano, e quindi creare quei suoni. Altre opere funzionavano diversamente.
Questo certo DJ di New York non era uso a nuove idee e non poteva concepire che io scrivessi la musica e Robert scrivesse le parole, anche se era [tutta] la sua opera. Scrivere la musica fu il mio modo di creare, per così dire, una coreografia che fissasse lo scenario sul palco per i protagonisti.
E’ stato riprodotto da molti altri musicisti, in molti hanno scritto la propria musica, a volte basandosi sulla mia per certe ambientazioni, come ad esempio nella traduzione spagnola, che ha usato la mia musica ma con un gusto latino. Un’altra versione l’ha fatta un ensemble di piccoli strumenti: musica propria, da suonarsi in vari luoghi [legati alla trama], ad es. in una chiesa, fuori dalla banca, ecc.
Insomma, si continuerà ad avere nuove rappresentazioni e altra musica che useranno quel testo invariabile con musica variabile.”
(...)
In The Backyard queste melodie e giochi d’incastro armonici, che ricordano le piroette di una trapezista nell’aria, giungono alla massima maturazione e il collage degli ultimi minuti improvvisati in solo, senza voce, produsse musica melanconica di dolcezza infinita, ben oltre -ad es.- i territori più benedetti dei “Sun-Bear Concerts” di Jarrett. E tutto ciò a valle di ore di torrenti di parole recitata da Ashley, la più grande voce recitante, ever.
Mi scuso quindi per non avere accreditato correttamente in precedenti scritti il vero autore di quelle melodie e di quegli accordi da estasi sonora. E’ lui: Robert Sheff, a.k.a. Blue Gene Tyranny.
RIP.
Pubblicato su Blow Up, settembre 2021.