Luca D. Majer
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Pagella Balilla

 

Il dottor Enzo

 

La "classe Balilla" Domenico Millelire

 
La Balilla è una canzone di pochi accordi (due di numero, entrambi maggiori), una progressione utilizzata in altra moltissima musica popolare non solo italiana.
 
Dire perciò che La Balilla la “scrisse” tale “Italo Corrias detto El Barberin, figlio di un sardo e di una pugliese” è una mezza verità, giacché di originale c’è forse il testo. E il cognome e la genia dei genitori rendono l’appartenenza al filone della musica “popolare milanese” (ancorché universalmente accettata) una questione un po’ ironica. 
 
Il nome “Balilla” era già stra-usato: era il nome di due sommergibili della Regia Marina (nel 1915 e poi 1927) e l’origine era il (supposto) patriota genovese Giovan Battista Perasso (1735-1781) che a soli 11 anni avrebbe - il condizionale in ‘ste cose è d’obbligo - fatto da detonatore delle rivolte popolari contro gli invisi austro-piemontesi.
 
L’anno in cui appare la canzone -poi- è il 1932 e il 12 aprile di quell’anno la piemontese Fiat aveva lanciato la 508, detta “Balilla”: automobile “utilitaria” che però costava ad un contadino qualcosa come 208 mesi di salario e quindi era più una “ut-elitaria”.
 
E il tutto avveniva all’ombra di una mussoliniana creazione, sei anni prima: l’ “Opera nazionale Balilla per l'assistenza e per l'educazione fisica e morale della gioventù”. Camuffato da “ente morale”, similmente a certe (privatizzate) ONG odierne, era il braccio armato della propaganda del ramo vincente, in questo caso specializzata nei regazzini ovvero, per meglio dire, “nell’educazione dei fascisti di domani”. All’uopo suddivisi in: “figli della lupa” (6-8 anni), “balilla” (8-14) e “avanguardisti” (14-18). 

(...)

Enzo Jannacci non ha inventato gli accordi e neppure s’è accontentato di limitare la canzone ad una manfrina a favore dell’invidia, anche se scherzosamente raccontata come fa il Corrias. Ne ha mutato così il testo attribuendo l’idea iniziale (letteralmente: il farsi divorar dall’invidia) a tutta una lunga lista di familiari.
 
E qui il dottor Enzo (era chirurgo dalla destra manina, nella vita) compie un salto carpiato con triplo avvitamento e si tuffa nel cuore dell’animo umano, in quel “cuore di tenebra” che a Milàn e dintorni si dice: amur de fradej, amur de curtej (curtej come in coltelli).
 
Accettato il concetto che anche e soprattutto i familiari possono essere bestie fameliche, da lì in poi dovete giusto pensare alla Balilla come ad una “Grande bouffe” sonora in versione famiglia allargata, con:
 
- i “fradej” [fratelli] che “m’hann mangiàa anca i budej” [le camere d’aria,]
- “mia cusina che la sta in Via Larga/La m’ha mangiàa anca la targa”,
- “La mia zia de Gorgonzöula/Cont i gomm l’ha fàa la cassoeula” [piatto tipico],
- “El mè nonno che 'l gh’hà l’angina/L’ha ciapàa la ciocca [preso la ciucca] con la benzina.”
 
Del cantato di Jannacci l'apice è la variazione su “la Balìiiiila, la Balìiila, la Balìiiiiila” (un minuto dentro il pezzo, di neanche tre minuti totali) che è uno scarrucolare d’intonazione e ti dà l’idea (la voce per pochi secondi diventa da pazzo) dello schifo di mondo, per poi slittare verso Primo Carnera (il pugile) “che tira de dester” e che “con un tumbùn [cazzotto] me s-ciéppa i balester.”
 
Tutta delirante, la versione di Jannacci, a partire da quando spiega che lavora “dalle dodici a mezzogiorno” (modificando l’originale “dalle 6 alle 12”) e già lì capisci che sei in un territorio sdrucciolevole, e non si sa se ti prende in giro e non lavora affatto oppure fa uno di quei (pochi, strani, ben pagati) lavori che -specie all’epoca- si potevano fare tra mezzanotte e mezzogiorno. 
 
(...)
 
... mi ricorda che la vita è dura, fin dai vicini prossimi. Familiari. E magari anche i vicini.
 
Come  “el todesch di slifen e slofen” che “è ancora lì che piscia nel cofano” e la “vicina di ringhiera” che “s’è digerita pure la portiera”.
 
Inutile dire che la canzone finisce con “non compro più un’altra Balilla”, in pieno stile off-the-grid (o: 'sotto il radar') da 2021. Il verdetto su certi istinti umani è lasciato a noi.
 
 
 
 
 
Pubblicato su Blow Up, giugno 2021