CONTRABANDA
Angeli e demoni
Alla faccia dell’Euro l’altra sera en famille ci siamo spesi un milione e duecentomila di vecchie lirette per 4 biglietti (142€ cad.) e non mancare la data belga del “Peter Gabriel I/O tour.” (Analisi del pubblico in sala? Età 30-75, mediana direi 50. Audience “matura”, insomma, ma non senior-only come quella vista il mese prima con Roger Waters.)
Alla resa dei conti, il milioncino e due non ci ha pagato un posto nel parterre centrale. Lo dico perché chi ha pagato 400€ cad. per starci mi ha descritto una ben diversa esperienza. Da noi, in scalinata, il nostro mondo sonico era principalmente composto dalla grancassa e dai tom tom di Katché, dal basso di Levin seguìto dalla voce del Gabriele.
Le altre frequenze circostanti francamente non sono riuscito a captarle con chiarezza, almeno durante i forti e (frequenti) fortissimi. In parte è da attribuire alla tanta-roba generata dalla band; un ottetto (annunciata come nonetto, ma era assente il violino di Marina Moore.) La sezione ritmica era Manu Katché (in gran forma) + Tony Levin + DonE (poli-tastierista consigliato a Gabriel da Brian Eno), due chitarre (tra cui il fido Rhodes: rasato e un po’ imbolsito, assomigliava al leader), un trombettista/tastierista (Josh Shpak, ballerino scatenato che talora tirava potentissimi acuti dalla tromba, ma in scalinata c’arrivava giusto il vago sentore di quelle note) e l’angelo Pietro Gabriele, come al solito, a destreggiarsi ogni tanto alle tastiere.
Dimentico la vocalist/cellista/tastierista Ayanna Witter-Johnson. Forse perché la sua versione di Don’t Give Up m’ha fatto rimpiangere qualsiasi altra interprete di quella parte che originalmente fu di Kate Bush. O forse per la misshion impossibol di una nera delle West Indies che deve cantare la parte del senegalese Yossou N’Dour alla fine di In Your Eyes.
Rispetto a trent’anni fa, la band s’esprime con maggiore violenza, mentre nelle coreografie d’insieme i musicisti appaiono più meccanici che entusiasti. I pugni levati al cielo o picchiati contro le tempie (marchio di fabbrica di Sledgehammer) ed anche il balletto a tre Gabriel/Levin/Rhodes (da Big Time) sanno di riverbero del passato, un’ombra sul soffitto della grotta dei ricordi.
D’altra parte, oltre metà dei titoli sono dedicati al XX secolo. Gli altri (come I/O o Panoktikon) sono inediti o quasi, non essendo ancora uscito l’eponimo LP di cui la tournée dovrebbe essere la promozione. Dagli scampoli uditi di questa produzione “Gabriel con Eno,” l’albo promette essere un successo e comunque i pezzi non sfigurano insieme ai vecchi. Due osservazioni a latere.
Inquietante la spezia d’avere i musicisti vestiti di nero e la crew tecnica (ai quali Gabriel rivolge un finale “senza di loro nulla sarebbe potuto essere” di rito) in tenute arancioni un po’ goffe, tipo ANAS. Se non fosse che, con quegli orribili filmini di pseudo o reali decapitazioni, ISIS nei Tremendi Anni Dieci ci ha addestrato l’inconscio a leggere quell’associazione cromatica come violentemente divisiva; tipo padroni (musicisti?) e vittime (roadies?) Poco ci voleva ad evitarlo, sarà un dettaglio.
Più sostanziale il light show. Studiatissimo e ‘tecnologico’ aiutava a creare ambientazioni teatrali, come nella sezione in cui la parete il fondo della scena sembrava ricoperta di preziosi tessuti lavorati. Temi perlopiù grafici, o accelerazioni macro di organismi in sviluppo (fiori, funghi.) Il risultato alla fine era una grande festa di tecnica, tradizionale. Cioè buon gusto e nessun ammiccamento visibile all’IA da video.
Gabriel, in un a-parte parlato in inglese, si sente però di dover dire la sua sul tema del giorno per ogni artista, citando dalla sua dichiarazione web: “Credo che i cambiamenti in arrivo con l'IA siano inarrestabili, ma possiamo chiaramente influenzarli.” Ah! E come? beh lo spiega la lettera che ha co-firmato con Max Tegmark, Steve Wozniak ed Elon Musk (tra gli altri) “per sospendere il rilascio di una nuova IA per sei mesi mentre cerchiamo di capire cosa dovremmo fare [!], ma se non usiamo questa volta per giocare e imparare (…) come possiamo sperare di capirlo?”
E per “giocare e imparare” cosa meglio di #DiffuseTogether, una competizione (10k$ di premio) di Animazione IA sponsorizzata da Gabriel (che ha offerto sei proprie canzoni per le animazioni) e Stability AI, una start-up d’Intelligenza Artificiale che (con la piattaforma Stable Diffusion) è LA concorrente open-source della celeberrima OpenAI.
Stability ha raccolto in un attimo 100M$, varrebbe ora 1Bn$ e naviga verso un(a stima di) 4Bn$ e il chiacchierato leader, Emad Mostaque, a sentirlo intervistato da Raoul Pal pare aver fatto tutto, incluso… consulenze a livello governativo sul contro-estremismo. In una cerimonia di 2h su Youtube (“DiffuseTogether live winner stream”) chi capisce l’inglese e ha discreta pazienza potrà andarsi a vedere nei video premiati il “coraggioso nuovo mondo” che -ci promettono- rivoluzionerà il globo.
Giudicherete voi le immagini, in perenne movimento di fluide forme che ora sono un volto di donna, poi uno scheletro o un polipo, spesso fameliche ed inquietanti, se mai serene. Io medito se questo nuovo stile/mondo iconico, curiosamente condiviso da OpenAI e Stable Diffusion, non provochi una sottile distonia cognitiva, un titillare i nostri sensi aldilà della soglia della cosciente attenzione, con quest’ultima -poverina!- bombardata da decine di migliaia di segnali al minuto, in qualche modo provocatori. Subliminalmente afferrando le nostre speranze, o paure, e modellandole?