Una volta non c'erano additivi o pomodori geneticamente modificati. Neppure macchine-sputa-gas per farti sentire libero di andare a zonzo - e libero di respirare quei gas e farti crescere tumori maligni dentro il corpo, effetto di quel zonzare. Niente medicine da comprare in farmacia: giusto grandi orti di erbe, medicinali. Non c'erano tute spaziali e strane quattro-per-quattro lunari.
Una volta, gli uomini non s'avventuravano fuori dai loro spiriti - ne' gli spiriti pensavano di abbandonare i loro uomini lasciandoli così alle loro terrestri carcasse.
Mi e' stato detto con una certa sicurezza - da gente ben più saggia di me - che una volta c'erano prati verdi, e mucche e uccellini. E flauti e pastori che suonavano flauti. E c'erano buffoni, pure, che a volte rendevano la vita più lieta, quando la sera gli uomini - ai villaggi tornati dai loro sforzi sui campi - ritrovavano le loro famiglie e gioivano con loro. E, in serate davvero speciali, cantava e suonava l'intero villaggio attorno al grande falò. E giullari roteavano i loro tamburelli, e li percuotevano al pulsare di un tamburo, incitando il cantore ad iniziare la sua melodia.
Maestri della musica, venuti da paesi distanti, erano ambiti ospiti e la gente danzava al suono di una voce, e pregava al suono di una percussione, e i cimbali sibilavano le loro note. Comunione era il solo passa parola.
Saggi, Maestri della musica e persone semplici condividevano le note di quella notte, tenendo le belve feroci lontane - la', nell'oscurità aldilà del cerchio magico, infuocato.
I Maestri suonavano strumenti semplici. Erano fatti di pietre, di pelle e di ossa. Erano fatti di pelli e budelli, e di anelli di metallo e di legno e di argilla della Madre Terra e di crini di cavallo.
So per certo che qualcuno di questi Maestri e di questi pastori viaggio' fino a Felix Munatia, fino al suo Grande Teatro. Accadde una volta, circa duemila anni dopo la costruzione del Teatro. Fu allora che i Maestri decisero di riunirsi e ritrovarsi, al Grande Teatro. Quel tredici luglio essi - anche se ci sembro' che suonassero i loro strumenti - in realtà suonarono numeri segreti, suonarono memorie segrete e colori particolari e la loro musica segreta.
Fu in quella notte fatidica che il ritmo si sedette sul trono e regina fu la melodia. Su tappeti magici i Maestri - scalzi - suonarono quei semplici strumenti con le loro anime, come solo i Maestri sanno fare. Schemi intricati, scritture complesse, melodie ammalianti per una volta - forse per sempre - vennero dimenticati del tutto. Fu allora che le note divennero cristallinamente chiare, e gli intervalli intellegibili agli spiriti dei tanti chiamati a testimoniare quella serata così generosa.
Quella sera la musica non fu classica, ne' fu più raga. Non era più questione di Occidente od Oriente o del Buono del Brutto e del Cattivo, ne' di Rakesh, Zakir o Ganesh. Quella sera, a Felix Munatia, la musica divenne musica, nuovamente.
Quella sera, arrivo' la Musica.
LDM - 4 - 7 - 13