Luca D. Majer
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La peculiarità del disco è il luogo d'incisione: appunto l'Abbazia dei Papi, ad Avignone. E' l'estate del '76 e Dempster bazzica il festival d'Avignone come affiliato al gruppo di Merce Cunningham. E questo enorme spazio vuoto, risonante, splendidamente "acustico" lo affascina. Nasce il disco: che, per inciso, è composto con un parco strumenti estremamente limitato: il trombone di Dempster, un facsimIle di didjeridu australiano, voci.

Quello che piace della registrazione è la sua linearità apparente, una semplicità involontariamente falsa. Standing Waves, ad esempio, sono venti minuti giocati solo sul trombone (a coulisse). Si ascoltano note lunghe, giochi con gli armonici, distorsioni di emissioni: cose note, comunque. Ma, più attentamente, c'è il fascino discreto dell'ambiente che interagisce con lo strumentista, gli risponde differentemente a seconda di come gli viene indirizzato il suono. Interazioni contenuto-contenente.

La tensione esiste nello svolgersi musicale, ma è quasi impercettibile. Un flusso di note che sfumano – dopo una corsa di quattordici secondi negli anfratti più reconditi della cattedrale- in altre. Ma non c'è presunzione, ostentata maestosità. Il disco, lo si capisce dalle note, è un taccuino d'appunti, dove un musicista estremamente esperto mette a disposizione le sue conoscenze (ogni tipo di scala, progressioni per toni guida, accordi) per un semplicissimo esperimento. E' una dimostrazine di musica nuova: non in sè ma per modalità d'attuazione. Se ogni strada è stata percorsa, se ogni combinazione coloristica è stata esplorata, sembra essere la strada di Dempster quella meno velleitaria.

Un piccolo strumento portatile, un nastro e il registratore portatile, un disco che è –e non deve essere che- documento. It's just music

 

Da: SCENA, giugno-settembre 1980