Nel “materialismo vitale” menzionato da Jane Bennett, ovvero nel concetto di assemblage reso noto ad un più grande pubblico da Deleuze e Guattari, ci può stare “Cosmogonie”, una sfilata Gucci di maggio scorso in cui a ciascuno dei 350 invitati è stato offerto un tangibile pezzo della “insostenibile eccellenza del lusso”: una stella, o meglio il nome di quella stella.
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Ecco quindi che nella notte -da questo castello col look giusto per affrontare qualsiasi attacco- un femminilissimo omphalos/ventre illuminato erutta 100 diversi look Gucci per il 2023. Con inclusivi giovanotti e belle donne ed efebi e di genere incerto, persi forse nell’essere loro-stessi-che-sfilano.
E un parterre con sportivi, attrici, modelle, produttori musicali e, di tanto in tanto, una “più celebrity delle altre.” Ma il nostro inconscio è occupato da ben altro: ricodificare i segnali che ci arrivano da vestiti e accessori. Vogue Italia ha scritto di Michele come di
“un’onda d’urto dal carattere goduriosamente decorativo che ha fatto del marchio fiorentino l’epicentro del barocchismo liberato, libertario e liberatorio, il tempio enciclopedico di una moda narrativa e massimalista che celebra la diversità scoprendosi politica nella superficialità festaiola, che glorifica reietti, racchie, queer e beautiful freak attraverso collage esponenziali intrisi di passato.”
E in questi acquitrini Alessandro piace perché naviga con procedere sicuro, affilato come una di quelle note acute di Miles senza sfilacciature. Mandando messaggi sottili, parallattici, sotto gli schrapnel di estetiche forti, concepite per stare “aldilà dell’ermeneutica”.
Mantiene viva questa totale libertà di ri-accostare stili, materiali, patterns, dettagli, accessori inconciliabili degli ultimi 50 anni di moda, prediligendo un uso iper-realista dell’immarcescibile logo della casa (in una modella i capelli sono rasati a formare tante GG!) o forme paradossali, quasi cartoonesche e certamente simboliche. Nude-look totali e occhiali arancioni grossi come fanali; doppie G a rilievo su giacca e pantaloni in velluto.
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Enigmatica la relativa sobrietà della scaletta audio del video, di ca. 20’: Charms (Abel Korzeniowski), Auras (Furtherset), Akoluthic Phase (Hiro Kone), 3 Minutes Of (Moderat), 2254 (Slikback & Brodinski.)
Al malinconico ‘raga ben-temperato’ di Korzeniowski il compito di “fissare l’anima” della sfilata dall’apertura. A riprova, il pezzo verrà poi riproposto in chiusura.
Tratto dalla colonna sonora di “W./E.” (un flop ai botteghini diretto da Madonna nel ’12), è un tema di 9 note con variazioni minimali e arrangiamento da piccola orchestra sinfonica, piacevole. Gli altri pezzi sono tappezzerie sonore tra space ambient, glitch e drum & bass: in genere musiche che scivolano nell’aria senza colpo ferire (salvo i Moderat.)
D’altra parte come la moda è derivativa (AM stesso ha detto: “Per me creare vuol dire rigurgitare, stravolgere e assemblare tutto ciò da cui sono stato e sono costantemente attraversato,”) è innegabile come da tempo la musica condivida identico stato mentale.
Intrigante -invece- il voiceover imposto a tutta la scaletta: il gracchiante dialogo NASA “Houston/primo allunaggio.” Intriga lo scegliere proprio un passo storico della Tecnica come soverchiante nota di bordone, in b/n rispetto al colorato mondo immaginifico d’inconsci alessandrini.
Pubblicato per Contrabanda su Blow Up Magazine, ottobre 2022.