Slavoj Žižek e l'insostenibile pesantezza degli anni Dieci
Non c'è il fato nel vasto panorama di ineguaglianze che associamo con l'economia e la loro iniqua distribuzione tra "buoni" e "cattivi": solo un set di irriversibilità costruito nel tempo.
Bruno Latour, Copenhagen 2013
La maggioranza degli economisti oggi sottolinea come la speculazione del capitale della finanza globale sia avulsa dall’economia “sostanziale”. Quello che non osservano, invece, è che l’economia sostanziale in quanto tale è anch’essa guidata da un’illusione, e che tale è la natura dell’economia capitalista.
Kojin Karatani (sulla ‘realtà’ di un sistema in cui i risparmi di una vita possono svanire in una notte)
Tutti noi accettiamo il capitalismo liberale democratico, anche durante questo disastro pan-Europeo. Timidamente chiediamo: ‘Oh, potremmo avere un po’ più di diritti per le minoranze? Un po’ più sanità pubblica?’ Ma nessuno discute la cornice. E questo è il vero trionfo dell’ideologia.
SZ a The Guardian, 2011
“Il più pericoloso filosofo dell’Occidente” e anche “l’Elvis Presley della teoria culturale” è nato il primo giorno di primavera ‘49: uno sloveno, il “gigante di Ljubljani”. È noto per aver mischiato due autori ostici come Hegel e Lacan ed essere in uggia a molti per avere costruito una persona pubblica da filosofo sui generis che prende spunto anche dai meccanismi della celebrity.
Ad esempio si sa che la sua casa ideale è composta solo da spazi secondari: bagni, corridoi, cucine, ripostigli: da cui la credenza della sua cucina a Lubiana, piena di mutande e calze. Ha poi il tic di strofinarsi il naso ogni due per tre, strappandosi a scatti la maglietta, con una blesità accentuata che gli fa sibilare le parole mentre parla, con T-shirt spiegazzate e un look minimal, ma occhi d’acciaio. Con un’ex-moglie modella argentina che di nome faceva Analia e poteva essere sua nipote e una moglie attuale (avvenente giornalista slovena) più giovane di trent’anni.
Noto anche per una cataclismatica tendenza ad accattivare (o scandalizzare) il pubblico con periodiche digressioni che di norma girano attorno ad alcuni nomi-totem del suo universo: la Santa Trinità (Hegel, Marx, Lacan), Kant, l’ideologia del capitalismo ‘post-moderno’ nella cultura di massa e nel terrorismo, Wagner, Stalin e ovviamente Hitchcock. Finendo con spolverate di barzellette. Sporche; ‘razziste’. (“Come si masturbano i Montenegrini, pigri di natura e nati in terra vocata ai sismi? Scavano un buco nel terreno, ci infilano il pisello e aspettano il prossimo terremoto.”) Ma nell’esercito della vecchia Jugoslavia, assicura, “queste barzellette aiutavano a creare spirito di corpo tra i soldati”: fu solo con l’inizio dei conflitti dei ‘90 che sparirono. […]
(...)
Sulla musica Žižek in genere è fondamentalmente idealista: "come ha detto Schopenhauer, la musica rende la volontà del Noumeno, mentre il linguaggio resta limitato al livello della rappresentazione fenomenica". E la musica durissima dei Rammstein ne è buon esempio in quanto "esemplifica perfettamente la distinzione tra senso e presenza, la tensione in un lavoro d'arte tra la dimensione ermeneutica e la dimensione di presenza 'da questa parte dell'ermeneutica', una dimensione che Lacan ha indicato col termine sinthome (formula-nodo della jouissance) in opposizione al sintomo (portatore di significato)".
(...)
Pubblicato in BlowUp Magazine, luglio/agosto 2016