#9 One World - John Martyn
CONTRABANDA
10 BTExM (Best Tunes Ever x Me)
#9: ONE WORLD (John Martyn)
Forse ricorderete ma, quando Charles Manson finì in gattabuia, le sue orfanelle Manson girls aggiunsero un twist inatteso, ovviamente teleguidato, alla narrativa del Gesù Sballato: diventarono animaliste e ambientaliste, mezzo secolo prima del meme Greta, gettando sui quei due sacrosanti temi una luce giocoforza sinistra. Charlie nel 2009, dalla prigione, reiterò le tesi, manco fosse lui la Conferenza di Rio: ”Dobbiamo (scom)mettere tutto in un unico mondo, ora. Se non lo si fa, non ci sarà più vita nel pianeta” disse.
Lo ricordo perché una lettura al ‘gusto vaniglia’ del testo di One World di John Martyn lo vorrebbe inno della filosofia ambientalista. Al punto che il pezzo è finito pure tra le “20 più belle canzoni per l’Earth Day” del sito udiscovermusic.com, insieme a, curiosamente, Here Comes The Flood…
In realtà i due, Peter Gabriel, Martyn (e pure Manson) parlavano di qualcos’altro che di Gaia theory. Gabriel parlava di quel momento in cui - come un’alluvione, un flood - si sarebbe iniziato a leggere nel pensiero degli altri, realizzando (aggiungo io, ottimista) i presupposti per la perfetta democrazia, con la struttura di potere totalmente trasparente e nessun posto per paranoici del controllo. E John Martyn era noto frequentare i bassifondi e affermava di preferire i delinquenti ai politici in quanto “più onesti”.
Insomma, come Manson - (che da santone molto alternativo filosofeggiava sulla dualità umana: “C’insegnano che il male non è buono e il buono non è male. Il male e il bene vanno insieme”), anche Martyn e Gabriel sembrano convenire che il mondo sia molto… quantomeno duale.
One World dava il titolo a quell’albo di John che venne definito avanguardistico e un po’ lo era davvero (cfr. BU#202.) Ciò premesso, buttate pure via la versione originale (1977) della canzone: qualsiasi versione dal vivo è meglio dell’originale. Ma… che canzone!
Andate su Utube e cercatevi la versione in duo del 1987, alla fine (47’00”) del concerto a Dublino. Lenta, con un Danny Thompson (il
Gary Peacock del folk inglese) assolutamente stellare, che raccoglie con pazienza ogni più piccolo respiro ritmico di un pezzo di 6’ assolutamente sull’orlo del silenzio. Se siete in vena di una versione con gruppo jazz, ascoltatevi quella dal vivo del ’92 (la si ritrova nella compil “Ain’t No Saint” e in rete).
Comunque sia catapultatevi negli ululati bisillabici di muezzin-John (“uan uooool/uan uooool”), in quel doloroso lamento per cui “c’è chi vive come una principessa/altri come re e regine/i più vivono come te e me” eppure nessuno “sa cosa vuol dire avere il nostro posto, far la pace, sbrogliarcela, dire la nostra in questo mondo.” E’ un urlo sussurrato a favore della pace, contro l’impotenza che provi verso le regole del gioco (“No use crying, there's been no crime/I say it's just the way this wicked wind blows/Just the name of the game.”) E anche un urlo contro quei nostri stessi istinti che ci adattano ad interagire in un mondo “freddo e solo”, per micro-cosmi paralleli. Mai come oggi vero, in una realtà sempre più virtuale e meno esperienziale.
Nella versione ‘92 vi appare poi un’intera nuova strofa, che la versione originale non registra. E prega l’ascoltatrice/tore: “stand by me/stai al mio fianco/proteggimi da questo malvagio mondo/il mondo in cui siamo nati” e promette reciprocità “io sarò al tuo fianco,” Va insomma oltre le pulsioni regressive che alimentavano - per restare con l’angelo Gabriel - un’altra assai bella canzone, Mercy Street (“Cover me/When I sleep.”) Il lamento di One World invoca il proteggersi l’un l’altro, il riferirsi a micro-unità sociali per sfuggire a “questo mondo perfido”, ben oltre le istanze ambientaliste. Torna - il centro dell’attenzione - all’unità fondamentale della società, la coesione primigenie fra individui, la coppia, la famiglia, come alla fratellanza come strumento rivoluzionario.
Musicalmente, poi, One World non è un’ammaliante ‘tiritera alla John Martyn' di due accordi, ma - incentrate sul modo frigio - le relativamente ricche armonie (basate su un’accordatura aperta) regalano al pezzo una qualità sognante, quasi eterea, accentuata dall’arrangiamento con assenza di attack nelle note della chitarra con Echoplex. E il ponte dall’intervallo bluesy (Cm-Fm: “cold and lonely”) rievoca l’ispirazione base della visione martyniana del mondo. Insomma un bijou.
Definii anni fa (BU#202) One World una delle più belle canzoni ever. Oggi lo è più ancora di allora. Ascoltatevi One World live a Dublino: vi farà bene ascoltare una voce che vi abbraccerà, calda, amorevole, in difesa delle nostre deboli, umane risposte. A favore della vita. Magari un filo brillo, ma questo era brother John, principe (o principio attivo) di tutti i Johnkies come me.